Io che di solito del prima non mi ricordo nulla, di quella partita mi restano in mente le due ali di folla che si aprivano al passaggio del nostro pullman verso lo stadio… Una marea umana. Mi dissi che no, quella partita non potevamo perderla.
Donadoni forse non aveva mai visto tutti quei tifosi in trasferta, fino a quella sera, quella storica sera. È la sera del 24 maggio. Fa caldo, arbitra il tedesco Tritschler. Si gioca nello stadio più grande d’Europa: il Nou Camp che allora contava quasi 108mila posti, ridotti a 98mila per ordine pubblico.
Eé la finale di COPPA CAMPIONI tra MILAN e STEAUA BUCAREST.
La prima finale dei ROSSONERI da quando BERLUSCONI é diventato presidente.
 I tifosi rumeni sono un centinaio. Di lì a qualche mese cadré lo sciagurato regime del dittatore Ceausescu, ma ancora le frontiere sono blindate. Figuriamoci per un esodo di tifosi. Così il catino catalano é una sorta di “San Siro mobile”: chi dice 80mila, chi 90mila. Sembra di essere a Milano.
Pronti via e il Milan éasfaltaé tutto; prima un palo di Gullit, poi altre occasioni e la “fiera del gol”: segna il éTulipano neroé (1-0) al 18° su corta respinta; raddoppia Van Basten di testa al 28°; ancora Gullit triplica al 38é (stop e tiro dal limite), infine di nuovo il “Cigno di Utrecht” fa 4-0 a inizio ripresa. Il resto é accademia e al 90é é festa grande: Franco Baresi alza la Coppa dei Campioni; Silvio Berlusconi é portato in trionfo dai suoi giocatori.

Quel Milan é una macchina perfetta,  plasmata e guidata egregiamente da Arrigo Sacchi, un innovatore del calcio, fortemente voluto sulla panchina dal lungimirante presidente, che aveva intravisto in lui le doti e le idee giuste per rivoluzionare, la sua squadra in primis, ma non solo, inaugurando un’epoca che ha rivoluzionato lo stesso gioco del calcio negli anni a venire.
Quella partita da a Sacchi la giusta visibilità a livello europeo e premia quelle nuove idee di gioco su cui tanto ha lavorato negli anni precedenti, che lo avevano portato già alla vittoria dello scudetto dell’anno prima.
Quella partita é uno spartiacque tra il vecchio e il NUOVO calcio.
Coronamento di un cammino europeo che ha visto il Milan battere il Vitocha Sofia (2-0 e 5-2) sfiorare l’liminazione (fra le polemiche) con la super Stella Rossa di Stojkovic e Savicevic: 1-1 e 1-1 con vittoria 4-2 ai rigori di Belgrado, in una gara ripetuta dopo che la prima era stata sospesa per nebbia al 57° sull’1-0 per gli slavi. Vincere Nei quarti con il Werder Brema (0-0 e 1-0 a San Siro); Asfaltare  in semifinale 5-0 in casa, dopo il pareggio di Madrid 0-0, Il Real “arrogante e spocchioso” con gol di Ancelotti, Rijkaard, Gullit, Van Basten e Donadoni, in una partita  da pallottoliere che vive ancora nei ricordi dei fortunati tifosi rossoneri presenti quella sera al San Siro. 

Una vittoria che i tifosi del Milan aspettavano da tanto tempo, Il primo successo internazionale che ha dato il via a un’era stellare che ha portato i rossoneri a vincere altri 29 trofei in 31 anni. L’origine dei successi che hanno issato Berlusconi a diventare il presidente più vincente della storia del calcio, insieme a Santiago Bernabeu.
 
Arrigo Sacchi, intervistato da acmilan.com, ha commentato cosé la vittoria del suo Milan nella finale di Coppa dei Campioni del 1989 contro la Steaua Bucarest: “Avevamo al nostro fianco, anche quel giorno, una società che non aveva la vittoria come obiettivo. Ma la grandezza. I tifosi che erano presenti quel giorno allo stadio e che avevano fatto tanti sacrifici per esserci devono essere orgogliosi ancora oggi. La Uefa, che é una istituzione e non un giornale, ha eletto il Milan del 1989 come la squadra più forte di tutti i tempi. Un conto é vincere un trofeo un anno, ben altro conto é essere la squadra più forte di tutti i tempi. Noi non avevamo stress che, peraltro, si crea nelle conflittualità lavorative.

Noi avevamo invece avuto la fortuna di un ambiente che non ci trasferiva con Kitti ma solo orgoglio e senso di appartenenza. Questa situazione mentale ci consentiva di avere l’energia e le intuizioni giuste. Di recente Guardiola mi ha mandato un filmato da internet. Quando, nella semifinale di andata al Bernabeu un mese e mezzo prima della finale contro la Steaua venne annullato a Gullit un gol regolarissimo, anche secondo i commentatori spagnoli, nessuno di noi assediò l’arbitro. Andò a protestare, senza fare alcun gesto plateale, solo van Basten. Significa che il sistema nervoso centrale della squadra era concentrato solo sul gioco. Quando Gullit mi chiese perché non facevamo un po’ di palla lunga sullo 0-0 negli ultimi 5-10 minuti delle partite, gli risposi no, perché se per caso avessimo segnato poi la palla lunga avrebbe rischiato di diventare un vizio. E non avremmo più avuto uno stile, non saremmo più stati il Milan”.


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